sabato 17 dicembre 2011

Bibo e la banda della superstrada Fenadora-Anzù a Vittorio Veneto

Venerdì 16 dicembre alla Biblioteca di Vittorio Veneto Nadia Breda e Matteo Melchiorre, autore de "La banca della superstrada Fenadora-Anzù (con vaneggiamenti sovversivi)", hanno affrontato in un affollato e partecipato incontro pubblico il tema della salvaguardia del paesaggio (o della terra? della cultura? dell'uomo?) veneto... per cominciare. Non ero presente, Nadia Breda mi ha fatto un resoconto della serata che si è rivelata veramente interessante, tanto da pensare di riproporla a Mestre a gennaio (nessuna data per ora).

mercoledì 14 dicembre 2011

Marco Paolini: "Niente di quello che abbiamo intorno è il futuro"

Pubblichiamo qui 11 anni dopo, l'intervento inedito di Marco Paolini alla Festa dei Palù, tenuta il 7 Ottobre 2000 a Levada di Godega di Sant'Urbano, sul luogo dove oggi è stato realizzato il casello di Levada della Autostrada A28.

Sono 12 minuti che lasciano il segno e che vi consigliamo di vedere e mettere in circolazione: vorremo dire profetici, pure se si capiva bene anche nel 2000 dove i nostri amministratori (sic!) stavano dirigendo questa povera regione e i suoi abitanti.

Nel suo intervento Marco Paolini ci racconta anche il governo del Veneto della Repubblica Serenissima, al quale proprio gli amministratori che più hanno responsabilità  nello scassamento di questo territorio si richiamano con i loro discorsi,  lontano però anni luce dal Veneto che questi ultimi hanno invece realmente prodotto.


Non è necessario essere candidi come colombe e astuti come serpenti per avere qualche dubbio in merito alle affermazioni del presidente della Regione Luca Zaia quando dichiara senza arrossire di essere il paladino della lotta contro la cementificazione del Veneto (http://www.youtube.com/watch?v=oo7Nv7rwYpc).

Eppure costoro hanno il coraggio di dire queste cose perchè sanno bene che mai nessun giornalista e praticamente nessun media locale/regionale/nazionale si sognerà di battere sulla loro spalla (come suggerisce Paolini nel video) e di chiedergli conto di quello che stanno affermando e facendo.

Buona visione!


mercoledì 7 dicembre 2011

The truth belongs to poetry. Considerazioni completamente a vanvera sulla poesia. di andrea zanchetta.

The truth belongs to poetry.

La verità appartiene alla poesia. Le mie considerazioni partono da
qui. Il verbo è sbagliato in italiano, perché appartenere non è
esatto. Anche attenere non è corretto. Quello più preciso è “belong
to”. Per amplificare le mie considerazioni, devo usare una parola
straniera. Non è detto che io la stia usando correttamente. La
costruzione grammaticale della frase nel titolo, potrebbe essere
sbagliata, ma nella mia testa è giusta. La verità appartiene alla
poesia. La poesia appartiene al poeta. Verità. Poesia. Poeta. Le frasi
precedenti non sono un sillogismo. La verità pertanto non appartiene
al poeta. Io credo si debba parlare di verità/poesia e di poesia/poeta
evitando di accoppiarle in modo sbagliato. La certezza che quello che
sto scrivendo sia esatto deriva solo dalla mia enorme presunzione.
L'opera dei poeti non è di testimonianza. Testimoniare è un verbo
collegato al tempo. La necessità di un prima ed un dopo costringerebbe
il poeta ad aspettare per potersi esprimere. Oppure costringerebbe il
poeta ad essere un profeta. Nulla di ciò è esatto. Il poeta non si
agita per “sbrigliarsi” dal tempo. La ricerca della parola esatta è
fondamento dell'azione del poeta. Ci va il tempo che ci va. La poesia
non è immagine. Come potrebbe essere interessante la ricerca delle
parole per descrivere quello che c'è già? La poesia possiede la
verità, senza custodirla. Nelle parole del poeta la verità si assorbe,
senza che il poeta ne sia l'artefice. Ci si ficca dentro come
l'umidità. Se la strizzi, la poesia si attorciglia e perde la forma.
Ed ammesso che tu riesca a strizzarla perderai sempre qualche goccia
di verità. È inevitabile. Tutto questo crea la poesia e come si vede
la poesia è creata con nulla. Pertanto la magia sta nel fatto che
conoscendo un poeta possiamo leggere la sua poesia, accorgendoci della
verità. Una grande fortuna. Per pochi.

andrea zanchetta

lunedì 5 dicembre 2011

altre parole e azioni canìba....l'inaugurazione della pedemontana.

La miglior risposta a queste imbecillerie e violenze è il video di Marco Paolini di 10 anni fa ( a breve on line, è stato reso pubblico alla serata alla Biblioteca di Dosson):

Paolini:.... niente di quello che vediamo intorno a noi è il futuro..... il nordest doveva creare qualcosa di molto bello, molto molto bello (come fece Venezia la ricchissima, secoli fa, con la sua ricchezza enorme di cui oggi ancora viviamo), e invece il Veneto produce solo cemento e nessuna cultura. Condita però da queste orribili, orribilissime parole... ( mentre i cittadini veneti dormono, dormono, dormono il sonno della ragione, sei sensi, del cuore, il sonno di tutto....)

dal sito della regione Veneto:

SUPERSTRADA PEDEMONTANA VENETA, POSA DELLA PRIMA PIETRA

Romano d’Ezzelino (Vicenza), 10 novembre 2011

"Se potessimo fare da soli, disponendo delle tasse che già paghiamo, il Veneto sarebbe molto migliore di quello che è. La Superstrada della quale oggi poniamo la prima pietra è, da questo punto di vista, esemplare. L’idea ha quasi un quarantennio di vita, ma la realizzazione parte oggi, dopo quasi un quindicennio di ordinaria burocrazia, a dispetto della valenza internazionale del tracciato. Ricordo che il Veneto è l’incrocio tra il Corridoio I e il Corridoio V, ed è quindi qui che si fa l’Europa che serve e che ci piace". Lo ha detto il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, in occasione del primo colpo di benna dato oggi, nel cantiere di Romano di Ezzelino, in provincia di Vicenza, alla realizzazione dall’arteria. "La situazione odierna del nostro Paese - ha aggiunto Zaia - ci dà la possibilità di essere un campo di prova per il futuro, dal punto di vista istituzionale e della coesione sociale. La Superstrada Pedemontana Veneta è una delle tante opere delle quali abbiamo bisogno per consolidare il nostro impegno allo sviluppo e il ruolo chiave in una economia internazionalizzata delle quale vogliamo essere protagonisti, forti della nostre capacità e del nostro storico ruolo di cerniera tra i popoli. Noi queste opere le vogliamo e dobbiamo fare, perché ragioniamo per le future generazioni, a partire da quelle di mitigazione del rischio idraulico del nostro territorio". "Per realizzarle servono soldi, molti soldi. Ci basterebbero in realtà gli euro delle nostre tasse. Ma facciamo parte di un sistema che si chiama Italia - ha ribadito Zaia - e dobbiamo concorrere con quote di solidarietà e sussidiarie a favore di quelli che hanno difficoltà a vivere, e che spesso sprecano. Allora per prima cosa eliminiamo gli sprechi. Poi costruiamo assieme le condizioni perché il nostro sistema sociale e imprenditoriale, e tutti coloro che vogliono fare la loro parte sul territorio e rimboccarsi le maniche, possano farlo per il bene comune. Noi siamo dalla loro parte e siamo stanchi di risposte da Roma che non arrivano".

giovedì 10 novembre 2011

Alla Biblioteca di Casier una presentazione molto speciale di Bibo

Giovedì 1 Dicembre 2011 presso la Biblioteca comunale, a Dosson di Casier, alle 20.30, siete tutti invitati ad una presentazione molto particolare di Bibo, che riserverà -almeno nelle intenzioni!- molte sorprese anche a chi il libro di Nadia Breda lo conosce e l'ha letto.



La serata si concluderà con la proiezione di un intenso (ed inedito!) intervento di Marco Paolini fatto in occasione della Festa dei Palù, il 7 ottobre del 2000, un  intervento che ho ben conservato nella memoria in questi 11 anni, e che oggi è più attuale che mai.






Con la collaborazione dello scrittore Roberto Masiero e dell'attrice/cantante Maria Giovanna Simbula, andremo a  raccogliere e a proporre alcune delle suggestioni che il libro evoca,  parti di una autobiografia collettiva del Veneto, e forse non solo del Veneto.
La distruzione del territorio, della "terra madre e generatrice", come aveva scritto Andrea Zanzotto  (non Terra orfana "da adottare", come qualcun'altro ha scritto) nella lettera che aveva inviato per la festa dei palù nell'ottobre di 11 anni fa, non è unicamente una catastrofe ambientale ed ecologica, ma anche, e forse soprattutto, un nefasto processo sociale e antropologico in cui tutti siamo coinvolti, a diversa ragione e in diversa misura come vittime e come colpevoli.
E spesso anche quando siamo colpevoli non cessiamo anche di essere vittime di questo sistema aberrante che è stato ben descritto dallo stesso Zanzotto:


In questo progresso scorsoio 
non so se vengo ingoiato 
o se ingoio.


Vi aspettiamo numerosi!!!

Andrea Mattarollo






martedì 18 ottobre 2011

Andrea Zanzotto

Topinanbur


Un SMS, è di Nadia, c'è scritto:

E' morto Andrea...
Lacrime.... al maestro...

Sono a tavola e sto parlando con il mio bambino Giulio e con mamma Vinzia.
Dico: è morto Zanzotto.

Non me l'aspettavo, era arrivato al giro di boa dei novantanni, che per lui non contava niente.
Non l'ho mai conosciuto ma conoscevo il figlio  Fabio che aveva fatto l'artistico con me, l'ultimo anno eravamo nella stessa classe, sua madre era la nostra insegnante di italiano.
Avevamo una amico comune io e Fabio, Giuseppe Tarzoni, di Follina.
Con Fabio prendeva ogni giorno, andata e ritorno, la corriera che da Treviso portava a Pieve di Soligo e poi a Follina fin su credo a Conegliano.
Fabio aveva raccontato a Giuseppe che suo padre era candidato al Nobel.
A me sembrava una smargiassata: chi era poi questo Andrea Zanzotto? Era il 1979, ed erano ben altre le cose importanti, per me.
Piano piano però Zanzotto si è rivelato, prima di tutto con una poesia facile facile (che io poi avevo utilizzato ampiamente per ispirare i miei versi giovanili):

Mondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa' che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,
ed ecco che io ribaltavo eludevo
e ogni inclusione era fattiva
non meno che ogni esclusione;
su bravo, esisti,
non accartocciarti in te stesso in me stesso.

Io pensavo che il mondo così concepito
con questo super-cadere super-morire

il mondo così fatturato
fosse soltanto un io male sbozzolato
fossi io indigesto male fantasticante
male fantasticato mal pagato
e non tu, bello, non tu <<santo>> e <<santificato>>
un po' più in là, da lato, da lato.

Fa' di (ex-de-ob etc.)-sistere
e oltre tutte le preposizioni note e ignote,
abbi qualche chance,
fa' buonamente un po';
il congegno abbia gioco.
Su, bello, su.
Su, munchhausen.



Nel 1999 Giuseppe Tarzoni, per sempre ragazzo,  per sempre forte e coraggioso, la notte del 16 marzo a Lago di Revine scorge alcuni grossi rospi che stanno attraversando la strada provinciale 35, ferma l'auto, scende e mentre la sua ragazza li sposta per metterli al sicuro,  lui si piazza in mezzo alla strada  alza le braccia e fa segno di fermarsi ad una panda che sta sopraggiungendo, che gli piomba addossso e lo uccide.

Mi sono sempre chiesto come Andrea Zanzotto abbia letto questa morte, che fu clamorosa nella vallata e vissuta con sgomento: come può un giovane in salute (campione italiano di Body Building), un giovane imprenditore (due attive e apprezzate palestre), morire per salvare due rospi.

Io la mia idea c'è l'ho, anzi so perfettamente perchè il mio fraterno e carissimo amico Giuseppe ha fatto quello che ha fatto, ma sono sicuro che Andrea Zanzotto avrebbe potuto esprimerlo con parole che sarebbero state comprese da tutti e che stavano da qualche parte anche dentro di me a bollire e a mordermi il cuore.

Ecco  penso che tutta la poesia di Andrea Zantotto sia una risposta a questa morte.
Per questo atto di rispetto per chi è nulla per questo mondo, in un mondo che non rispetta nulla.


Andrea Mattarollo








lunedì 10 ottobre 2011

Andrea Zanzotto compie 90 anni: il suo regalo ai palù


Oggi il mondo, non solo l'Italia, ha un buon motivo per festeggiare: da 90 anni un grande autore, un poeta ma anche un fondamentale interprete del nostro paese e del paese-mondo continua ad accompagnarci con la sua ricerca rasoterra e rasombra. La poesia come ricerca che non si esaurisce è oggi il pane e la tavola  a cui dovremmo tutti accomodarci e di cui tutti forse abbiamo necessità assoluta perchè non ci possiamo più permettere di soprav-vivere al progresso-scorsoio che esaurisce le nostre sorgenti vitali.

Ed ecco allora che qui propongo alcuni delicati regali che il maestro ha fatto a noi, ad incorraggiarci nella nostra lotta a difesa dei Palù. Ancora nell'ottobre del 2000, giusti 11 anni fa quando in occasione della FESTA DEI PALU' che si organizzò con il WWF, con la partecipazione di Marco Paolini, Gianfranco Bettin e Giorgio Sarto volle inviarci una bella e commovente lettera che qui sotto riportiamo.



Pieve di Soligo, 05.10.2000


Cari amici,

mi spiace infinitamente di non poter essere tra voi per la Festa nei palù e dei palù.

In questi tempi di cannibalismo esercitato in tante forme sul territorio, e di un turismo diventato ormai un'alienazione di massa, bisogna avvicinarsi a questi luoghi preziosi con spirito di cautela e quasi di venerazione, ma è pur giusto che, sia pur di rado, si dia la possibilità a tutti di gioire tra le primordiali purezze e libertà della gran vita terrestre, nei luoghi sempre più esigui dove si sono conservate.

Bisognerebbe che tutti, anche i più estranei, fossero avvicinati e fatti inoltrare in questi luoghi: la loro forza profonda e la loro armonia aspettano, infatti, il vero compimento nell'uomo, che invece si suicida minacciando ovunque, e specie nei nostri paesi tanto antropizzati anche per necessità, la terra madre e generatrice.

Bisogna che questo continuo sviluppo febbrilizzato sia trattenuto in limiti sostenibili, e se è vero che bisogna purtroppo scegliere il male minore trovando soluzioni a problemi comunque devastanti di traffico e simili, solo la meditazione sulle origini reali di tanta febbre e l'affrontare pacatamente le cause può incentivare un minimo di speranza.

Se si pensa di imbottire le strade esistenti di un traffico sempre crescente nessuna soluzione viaria potrà bastare. Creperemo comunque di smog e cemento.

Evviva i Palù, dunque e l'aura stupenda che ne promana!


Andrea Zanzotto

P.S. Questo discorso ovviamente vale per discariche, cave e ogni altra manipolazione dissennate del manto della terra, magari in nome del mito del sempiterno autmento del prodotto Interno Lordo. In questa lordura, si fa per dire, rimarremo seppelliti.



domenica 9 ottobre 2011

48° anniversario strage del Vajont...

Amici di Bibo partecipa al ricordo della strage del Vajont, oggi 9 ottobre, 48 anni dopo. Lo ricordiamo postando le parole di un giovane che sarebbe nato circa 20 anni dopo la strage, ma che "ricorda", conosce, ama, partecipa.... leggetelo.. guardate la foto di ERTO fatta oggi da un giovane, leggete la poesia che una notte lui ha scritto per ERTO.

Tutto ciò è motivo di speranza....

infine: non dimentico che a Ponte nelle Alpi, in occasione della presentazione di BIBO poche settimane fa, durante il dibattito un cittadino ci ha invitati a cominciare i preparativi per una grande celebrazione del 50° del Vajont, tra due anni.
BIBO ci sarà. Le acque che abbiamo celebrato nelle risorgive, nel BIBO, e le acque del PIave del vajont, sono tutte acque del nostro Pianeta, tutte violentate ugualmente, e noi lavoreremo per restituire.

buona lettura amic*

Per non dimenticare, 48° anniversario del disastro del Vajont…

8 10 2011

di Paolo Steffan

Veduta della parte orientale del vecchio borgo di Erto - Foto di Paolo Steffan (2010)

9/10/1963-9/10/2011 – Tutti sanno che cos’è stato il disastro del Vajont, quasi tutti, anzi molti… insomma, troppo pochi ricordano, specie i giovani, a cui spesso nessuno ha fatto presente che cos’è stata quella tragedia, perché va ricordata oggi, quasi mezzo secolo dopo… Io – molti anni fa – ho avuto la fortuna di avere incontrato chi mi ha iniziato a quella storia; poi ho visto lo spettacolo magistrale di Marco Paolini; poi sono passati alcuni anni. E l’anno scorso quella storia è riaffiorata, causa una visita ad Erto, che ho trovato bellissimo, e ancora pregno – specie nei suoi angoli più caratteristici – di quella tragicità che non gli si staccherà mai più di dosso! E allora, dopo quella visita a Pasquetta del 2010, ho scritto in poche ore, confezionato in pochi giorni, un testo in versi, venutomi naturale e necessario. E con lo stesso spirito, questa notte che prelude a quella di 48 anni dopo la tragedia, confeziono questo articolo, che vuole utilizzare i potenti tentacoli della rete per ricordare ancora, e ancora, e ancora…

Perché dopo questi ultimi 50 anni di grandi cambiamenti, di sfrenate corse al guadagno e all’arricchimento di ceti e aree privilegiate del mondo (di cui ben si sa…), alle spalle di un’umanità dimenticata e oltraggiata, spesso uccisa, a livello globale, senza che il più delle volte nessuno abbia reso giustizia, forse va ricordato più di sempre che cos’è stato il disastro del Vajont.

Va ricordato in un tempo nel quale un ministro della Repubblica – tale Giovanardi – si permette (alcuni mesi fa), nel dibattito sul ritorno al nucleare in Italia, di dichiarare (ad una trasmissione di La7) che i pericoli del nucleare non sono certo di molto superiori a quelli dell’idroelettrico, basta vedere quanto è accaduto con la diga del Vajont! “BASTARDO!”, come direbbe Paolini di chi è stato complice del disastro… Ma BASTARDI anche noi!, che permettiamo, per la nostra troppo poca memoria, che un ministro della Repubblica faccia esternazioni di questo tipo, che sono di una gravità estrema, poiché manipolanti una memoria che non si può permettere che venga manipolata! Noi che – fuori dalla valle di Longarone – crediamo non ci riguardi una proposta, di qualche mese fa anch’essa, di produrre energia idroelettrica con le acque insanguinate del torrente Vajont, là dove solo la memoria – non la speculazione – dovrebbe sopravvivere; esagero, ma voglio veicolare concetti che paiono incomprensibili a molti: sarebbe come riaccendere un forno di Auschwitz per cucinarci le costicine! Non sarebbe certo crimine contro l’umanità, ma Oltraggio!, un oltraggio alle più sacre memorie delle azioni più turpi che si sono compiute in quanto uomini, un oltraggio che non ci possiamo permettere!!!

Il Vajont è stato una shoah tutta veneta, tutta italiana, un modello di tragedia che risuona in altre aree del globo, da quando la civiltà contadina dell’Italia di allora è diventata oggi la civiltà dei Paesi poveri, schiacciata da un capitalismo infame supportato dalla complicità di una classe intellettuale che – almeno qui in Italia – è inetta e silente!! Come gli uomini della Sade, come il Governo (e quest’ultimo ieri come oggi)!

E allora, noi, che teniamo – io spero – più agli uomini, quelli che puzzano di pelle e sudore, quelli che sfiatano come animali e che hanno un cuore che pulsa e degli occhi che sanno versare lagrime, se messi di fronte a queste tragedie – io spero che noi, che al PIL teniamo un po’ meno che ai nostri genitori, ai morosi, agli amici (io lo spero), ci incazziamo quando i quotidiani (anche piccoli, anche solo presunti) disastri del Vajont si ripropongono davanti a noi, che li contrastiamo, che li strozziamo sul nascere! Che li denunciamo!

Dobbiamo essere migliori di chi dice “disgrazia”, di chi dice “non ci sono colpevoli” od “oramai è successo, che rompi le balle a fare, c’è solo il dolore”: NO, cazzo, DOBBIAMO ESSERE TINE MERLIN, NON BASTARDI OMICIDI!!

E se c’è un lato positivissimo della celeberrima “crisi” – che ormai a forza di nominarla sta facendoci nevrotici tutti – è che sempre più abbiamo il tempo e la possibilità per essere delle Tine Merlin, e non complici…

Pensiamoci… E, se volete, cliccate sul seguente link per aprire il pdf contente i versi di Perèrto, il mio roccioso testo in due parti – oggi qui pubblicato in memoria di un passato e in lode di un presente, lì, ad Erto:

Paolo Steffan, “Perèrto” (poesia)

Paolo Steffan, 9 ottobre 2011



http://steffanpaulus.wordpress.com/2011/10/08/per-non-dimenticare-48%C2%B0-anniversario-del-disastro-del-vajont/#comment-284

sabato 8 ottobre 2011

autostrada amazzonica BOCCIATA!!! ma restiamo vigili lo stesso...

http://blog.chatta.it/morena_mia/post/in-bolivia-vincono-gli-indigeni-niente-autostrada-amazzonica.aspx

lunedì 3 ottobre 2011

Autostrada transamazzonica, in Bolivia. AGGIORNAMENTI

Mondo | di Lettera22 per il Fatto

Bolivia, si dimettono due ministri

Morales è sempre più isolato

Al centro delle polemiche il progetto di autostrada Cochabamba-San Ignacio de Moxos che collegherà il Paese con il Brasile. Il presidente è sulla graticola per l'intervento della polizia che ha fermato in maniera violenta la marcia di protesta delle comunità indigene amazzoniche

Il governo del presidente boliviano Evo Morales ha perso due pezzi importanti. Lunedì sera si era dimessa la ministra della difesa Cecilia Chacon, che con una lettera aperta ai giornali boliviani aveva criticato la scelta del governo di far intervenire la polizia antisommossa per fermare la marcia di protesta delle comunità indigene amazzoniche contro il progetto di autostrada Cochabamba-San Ignacio de Moxos. Oggi è stato il ministro dell’interno Sacha Llorenti a lasciare l’esecutivo. Llorenti è stato al centro delle polemiche seguite al duro intervento della polizia contro i manifestanti, partiti a metà agosto dalla città di Trinidad, nella provincia orientale del Beni e diretti nella capitale La Paz. Domenica scorsa 500 agenti hanno attaccato l’accampamento provvisorio messo in piedi da alcune centinaia di manifestanti nei pressi della cittadina di Yacumo, 250 chilometri a nord est di La Paz. Negli scontri, alcune centinaia di manifestanti sono stati arrestati e un bambino di quattro anni è morto per intossicazione da lacrimogeni. Llorenti ha annunciato le proprie dimissioni ma ha difeso Morales, negando che l’ordine di intervenire contro i manifestanti fosse partito da lui.

La protesta contro il progetto di autostrada (finanziata dal Brasile e costruita da una ditta brasiliana) era iniziata a metà agosto, quando 16 comunità del Territorio indigeno parco naturale Isiboro Sécure (Tipnis, dove vivono circa 50 mila persone) minacciate dal tragitto della nuova autostrada hanno lanciato una marcia di 500 chilometri da Trinidad a La Paz.

L’intervento della polizia ha scatenato proteste contro il governo in molte zone del Paese, compresa La Paz, dove migliaia di persone hanno manifestato davanti al palazzo presidenziale, nel cuore del centro storico coloniale della città, circondato da centinaia di agenti pronti a intervenire. Morales, che appoggia il progetto fin dall’inizio, è stato costretto prima ad annunciare un referendum nei dipartimenti di Cochabamba e Beni, poi ha prendere le distanze dall’operato della polizia, giudicato “eccessivo”, quindi ad annunciare una commissione di inchiesta indipendente per accertare i fatti e le responsabilità e infine a ordinare lo stop ai lavori per l’autostrada, già avviati in alcuni tratti del percorso.

L’autostrada Cochabamba-San Ignacio de Moxos è parte del ramo boliviano di un colossale progetto di collegamento terrestre lanciato dal governo brasiliano per connettere Manaus, “capitale” dell’Amazzonia brasiliana, con i porti ecuadoriani e peruviani sul Pacifico, in vista di un aumento degli scambi commerciali tra l’America del sud e l’Asia orientale. Morales ha appoggiato il progetto fin dall’inizio, senza tenere conto della reazione dei popoli indigeni amazzonici boliviani che gli contestano di favorire gli indigeni dell’altopiano, quechua e aymara, da cui il Movimento al socialismo (Mas), il partito del presidente, trae la sua principale base elettorale. Inoltre, movimenti sociali boliviani, come quelli attivi a Cochabamba (la città dove nel 2000 le proteste popolari costrinsero la dittatura di Hugo Banzer a bloccare la privatizzazione dell’acqua), accusano il governo di aver tradito l’impegno di protezione delle risorse naturali boliviane e di salvaguardia dei diritti della Pachamama (Madre terra) inseriti nella nuova costituzione del 2009.

Le cose, come spesso accade in Bolivia, sono molto complesse. Anche all’interno del Mas ci sono voci contrarie al progetto e non solo per ragioni di tutela ambientale. il ministro Chacon si è dimessa ieri con una lettera aperta pubblicata dai giornali boliviani in cui accusa il presidente di aver usato metodi che contrastano con l’ispirazione politica del Mas e con il mandato ricevuto dagli elettori, che nel 2009 hanno rieletto Morales con oltre il 64 per cento dei voti: “Non è questo il modo – ha scritto la ministra Chacon – Siamo sempre stati d’accordo sul fatto che avremmo fatto le cose in modo diverso”. È questa la ferita principale per l’immagine di Morales, primo presidente indigeno della storia latinoamericana: essersi comportato (quasi) come i suoi predecessori.

di Joseph Zarlingo

autostrada Transamazzonica. NOVITA'

ecco gli ultimi aggiornamenti sulla lotta degli indigeni boliviani per fermare la "loro" autostrada....

http://www.avaaz.org/it/bolivia_stop_the_crackdown/?cl=1294653674&v=10474

martedì 27 settembre 2011

Autostradade nel mondo: in Amazzonia, la marcia di protesta dei Guaranì

Bolivia: sospesa l'autostrada amazzonica dopo la violenta repressione degli indigeni

27 Settembre 2011

evo morales
Il presidente della Bolivia Evo Morales ha deciso di sospendere il controverso progetto di una strada in Amazzonia

Il presidente della Bolivia Evo Morales ha deciso di sospendere il controverso progetto di una strada in Amazzonia che spaccherebbe in due la riserva naturale Isiboro Sécure. Il progetto resterà sospeso finché non ci sarà una consultazione popolare. La decisione di Evo Morales è giunta in seguito alla violenta repressione messa in atto il 25 settembre dalla polizia contro i manifestanti.

Secondo quanto riportato dal Giornale Radio Rai il presidente boliviano ha definito “imperdonabile” la repressione violenta declinando ogni responsabilità circa l'intervento della polizia alla marcia indigena. Il presidente, riferisce il Giornale Radio Rai, avrebbe però negato la morte negli scontri di un bambino di tre mesi, come riportato da altri media.

Dubbi circa l'estraneità di Evo Morales all'azione della polizia vengono però sollevati dalle parole del ministro della Difesa Cecilia Chacon che annunciando le sue dimissioni ha affermato: “Ho preso questa decisione perché non sostengo la scelta del govreno di intervenire e non posso giustificarla e difenderla perché esistono altre alternative”.

Viene dunque da interrogarsi circa le responsabilità del presidente boliviano nella repressione della marcia indigena contro la realizzazione della strada in Amazzonia. È possibile che la polizia abbia agito in totale autonomia senza aver ricevuto dal governo l'ordine di intervenire?

D'altra parte, ci domandiamo, perché Evo Morales ha deciso soltanto ieri di sospendere il progetto?

La marcia degli indios (una marcia di 600 chilometri verso la capitale La Paz) contro il progetto della strada che dovrebbe attraversare la più grande riserva forestale del Paese è partita infatti alla metà di agosto da Trinidad, nel nord della Bolivia. La marcia avrebbe dovuto concludersi nella capitale La Paz. Due giorni fa, il 25 settembre, la marcia è stata però interrotta dalla polizia che ha intercettato la colonna di manifestanti nella cittadina di Yucumo, a nordest di La Paz.

Il progetto contestato dai guaranì e dagli altri popoli dell’Amazzonia boliviana riguarda il collegamento autostradale che da Manaus, in Brasile, dovrebbe arrivare fino a Manta, porto ecuadoriano sul Pacifico. Secondo il progetto un pezzo del tratto boliviano dovrebbe attraversare l’area del territorio indigeno e parco naturale Isiboro Sécure (Tipnis) dove vivono 16 comunità indigene, per un totale di 50 mila persone persone.

E proprio da queste comunità è partita la protesta contro il governo, accusato di perseguire una politica favorevole alle industrie minerarie e alle grandi opere in contrasto con i principi di difesa della Pachamama (la Madre terra) sanciti anche nella nuova costituzione boliviana, approvata a febbraio del 2009.

A.P.

vi compenseremo: con altre strade!!!!!!!!!

Propongono strade, non muovono una lira per i treni regionali (il governatore veneto ha tagliato il 17% dei treni regionali nel 2011); creano caos, i cittaidni si lamentano e allora i nostri amministratori rispondono velocemente: vi compenseremo! Sì, con altre strade...autostrade... rotatorie... che raddoppiano sempre i loro costi e non risolvono NULLA (vedi Pontebbana...).
E' così in tutta Italia.... leggete.....

http://www.ilcambiamento.it/trasporti/futuro_asfalto_autostrade_italia.html

Un futuro d'asfalto? Autostrade e alta velocità

In Italia si continua ad inseguire il 'progresso' progettando nuove autostrade che consentiranno d’incrementare ulteriormente il numero dei TIR, dei furgoni e delle auto in circolazione, quando fra 10 o 20 anni sarà terminata la loro costruzione. Un esempio di questa corsa all'asfalto è costituito dall'autostrada Bre. be. Mi, che attraverso 62 km di tracciato si propone di collegare Brescia a Milano, i cui cantieri sono già stati aperti da un paio di anni.

di Marco Cedolin - 22 Luglio 2011

autostrada
In Italia si continua ad inseguire il 'progresso' progettando nuove autostrade

Nella nostra società contemporanea che si ciba di crescita e sviluppo, non esistono processi logici che possano prescindere dall’incremento del Pil, dall’aumento dei consumi, dall'inseguimento di un progresso tanto illusorio nella sua natura quanto devastante nelle sue conseguenze. La classe politica ed i grandi poteri economici e finanziari che ne gestiscono l’operato hanno scelto ormai da tempo il 'caos' come ambiente ideale all’interno del quale perseguire i propri interessi senza dovere sottostare ad alcuna logica che non sia quella del profitto personale.

I messaggi spesso contraddittori di cui il cittadino è fatto oggetto hanno il solo scopo d’indurre una cacofonia di stimoli volta ad ingenerare uno stato di confusione generalizzato dove si possa affermare tutto ed il contrario di tutto senza preoccuparsi di cadere in contraddizione.

Tutte le problematiche connesse ai mutamenti climatici, al livello intollerabile dell’inquinamento, allo stato di profonda sofferenza in cui versa il nostro ecosistema e di conseguenza anche la qualità della nostra vita, sono state ormai sdoganate dal cono d’ombra in cui giacevano da tempo immemorabile...

Giornali e TV non perdono occasione per sottolineare come occorra fare qualcosa e farlo in fretta per evitare di andare incontro ad una catastrofe ed i mezzi di trasporto di merci e persone (in particolare TIR, furgoni ed automobili) vengono additati come i principali imputati di questa situazione.

Nonostante ciò la nostra politica economica continua oggi più che mai a perseguire la delocalizzazione delle imprese e l’incremento della movimentazione di merci e persone all’interno di territori sempre più vasti, anziché favorire la creazione di economie autocentrate, diffondere una cultura di prossimità, praticare una riduzione di scala e conseguentemente diminuire il numero di TIR, furgoni ed autovetture in circolazione.

A dispetto dell’allarme inquinamento e dell’aria irrespirabile delle nostre città, si continua a legittimare un 'sistema lavoro' che impone un pendolarismo sempre più esasperato ed orari flessibili che spesso rendono impossibile l’alternativa del trasporto pubblico. Mentre tardivamente e spesso attraverso metodiche discutibili le amministrazioni tentano di chiudere i centri cittadini al transito delle autovetture, oltre il 30% del budget pubblicitario di giornali e TV continua ad essere costituito da annunci che invitano all’acquisto di una nuova auto e da oltre un decennio i governi utilizzano il denaro proveniente dalle nostre tasse per incentivare la vendita delle automobili.

Nonostante da lungo tempo tutti siano concordi nel sostenere che il treno può costituire una valida alternativa a Tir, furgoni ed autovetture non si sta investendo un solo euro per migliorare i servizi ferroviari destinati ai pendolari, né per tentare di creare un servizio merci efficiente che sia in grado di spostare una parte del traffico dalla gomma alla rotaia. Al contrario si preferisce destinare cifre colossali alla costruzione delle tratte TAV finalizzate ad un mezzo di trasporto più energivoro ed inquinante degli stessi veicoli che corrono su gomma e totalmente inadeguato ad interpretare le esigenze dei pendolari.

In ossequio a questa logica perversa in un territorio come quello del Nord Italia pesantemente umanizzato, con un ambiente completamente ridisegnato dalle colate di cemento e valori d’inquinamento ben al di sopra dei livelli di guardia, si insegue il 'progresso' progettando nuove autostrade che consentiranno d’incrementare ulteriormente il numero dei TIR, dei furgoni e delle auto in circolazione, quando fra 10 o 20 anni sarà terminata la loro costruzione.

Un fulgido esempio di questa scellerata corsa all'asfalto è senza dubbio costituito dalla costruenda autostrada Bre. be. Mi, che attraverso 62 km di tracciato si propone di collegare Brescia a Milano, i cui cantieri sono già stati aperti da un paio di anni. La costruzione della nuova autostrada, il cui costo previsto di 800 milioni è già salito a circa 1,5 miliardi di euro ricadrà in larga parte sulle spalle della collettività, nonostante i promotori dell'opera avessero millantato la sovvenzione dei privati tramite il project financing, sta devastando e devasterà, territori già pesantemente segnati dalla presenza di cave, discariche ed insediamenti industriali altamente inquinanti, oltre a fertili terreni agricoli facenti parte di un Parco agricolo dell'estensione di migliaia di ettari.

I cittadini dell'area interessata dal tracciato sono in fermento, e si contano numerose le manifestazioni già avvenute o in programma nel prossimo futuro. Per tentare di 'calmare gli animi' i promotori dell'opera continuano a promettere compensazioni. Naturalmente sotto forma di nuove strade, svincoli e viadotti, in un futuro tutto da asfaltare.

le urla della campagna: pochi secondi di tristezza infinita....

......le urla della campagna: pochi secondi di tristezza infinita..... (doc. di Paolo Steffan)

http://www.youtube.com/watch?v=R46rfEI9xlA

domenica 25 settembre 2011

Successe anche per l'A28: "il cantiere si mangia i reperti"... in BIBO, ricordate???

La storia si ripete: di fronte a natura, archeologia, silenzi, paludi, campi, campagna, alberi......... i cantieri si mangiano tutto.....Vi rimando alle pagine di BIBO in cui racconto cosa successe quando si trovarono i reperti romani sul tracciato dell'A28, come reagirono i nostri politici, cosa dissero e cosa fecero.... Intanto leggete il caso toscano! nadia b.

San Casciano: gli antichi reperti non fermano il cantiere industriale

Come troppo spesso oggi accade, gli interessi economici prevaricano la tutela del territorio, dei suoi abitanti e delle sue peculiarità. Questa volta a farne le spese sono degli importanti resti archeologici ritrovati in un sito industriale nei pressi di San Casciano, in Toscana.

di Francesco Bevilacqua - 23 Settembre 2011

san casciano
Importanti resti archeologici sono stati ritrovati in un sito industriale nei pressi di San Casciano, in Toscana

Ambiente non è solo natura. Resti archeologici, testimonianze delle civiltà che ci hanno preceduto e che hanno contribuito a forgiare la nostra, antiche vestigia che costituiscono il nostro stesso retroterra culturale e spirituale sono tesori da conservare e valorizzare, tanto quanto colline, fiumi e foreste. Purtroppo, così come scarso è l’interesse che la società moderna ha nei confronti dell’espressione della natura, l’attenzione per la tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico, che fra l’altro in Italia costituisce un unicum a livello mondiale, è troppo bassa.

La notizia più recente che conferma questa triste tendenza viene dalla Toscana, per l’esattezza da San Casciano. Lì è infatti prevista la costruzione di un nuovo capannone della Laika, marchio della Hymer, una delle principali case di costruzione di camper e caravan. Già la comunità locale vedeva di cattivo occhio questo progetto per altri motivi, dalla sospetta e frettolosa variazione concessa in deroga al Piano Strutturale Comunale, già stilato da tempo, fino alla discutibile politica occupazionale del costruttore, che sta portando avanti da diversi anni una campagna di riduzione del personale.

Il solito dilemma “tutela ambientale o posti di lavoro”, che già in passato ha scatenato molte battaglie (come per esempio quella di Porto Tolle), stavolta dunque non sussiste neanche.

La ciliegina sulla torta di questo controverso piano industriale è stato il ritrovamento sul luogo del cantiere di una serie di importanti resti archeologici, un edificio di epoca etrusco-ellenistica e una villa romana di età imperiale. Invece di bloccare l’opera, il Comune di San Casciano, incalzato dalla Hymer, ha sollecitamente accolto la richiesta di rimozione dei reperti, che prevede la demolizione degli stessi, asportazione dal cantiere e ricostruzione dei resti in un altro luogo.

cantiere
Invece di bloccare l’opera, il Comune di San Casciano, incalzato dalla Hymer, ha sollecitamente accolto la richiesta di rimozione dei reperti

Da un lato questa decisione evidenzia una volta di più la posizione di profonda soggezione e subordinazione in cui si trova il mondo politico e istituzionale italiano nei confronti di portatori di interessi economici che fra l’altro non corrispondono quasi mai alle esigenze e al benessere della comunità. Dall’altro viene messa in risalto la scarsa attenzione di cui gode l’ambiente, sistematicamente retrocesso a fronte di inalienabili e prioritarie esigenze economiche.

Fortunatamente c’è chi reagisce a questa situazione: la Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia nostra Firenze, Legambiente Toscana e Wwf Toscana si sono mobilitati per far pervenire a Cristina Scaletti, Assessore alla Cultura della Regione Toscana, un’istanza di tutela di questo importante patrimonio rinvenuto e inoltrare la richiesta di bloccare la decisione del Comune di San Casciano di asportare i reperti e far proseguire il cantiere.

Ovviamente invitiamo tutti ad accogliere, sottoscrivere e rilanciare questo appello, in modo da rendere chiaro a chi ci amministra, e soprattutto a chi pretende di relegare in un angolo il benessere di una comunità e del suo territorio a vantaggio del proprio tornaconto, che gli ostacoli che dovrà superare per riuscire in questo suo intento sono ostici e numerosi.

Per approfondire l’argomento e portare il vostro contributo, consigliamo di visitare il sito archeopatacca.blogspot.com

martedì 20 settembre 2011

RISORGIVE oggi: nuove proposte e NUOVE ATTENZIONI. Il "comitato risorgive 2"



Cari amici questa estate è stata per me motivo di riavvicinamento al tema a me molto caro delle "risorgive", nei loro aspetti materiali e simbolici, come sapete. Dal passaggio dei camminatori di GEOTRANSECT Veneto 2011 (vedi altro post) che hanno voluto vedere la polla di risorgiva delle Fontane delle Sère di San Vendemiano, a i SAPORI DELL'ACQUA di Fontanafredda di fine agosto, in cui ho fatto una relazione sulle risorgive, invitata dall'assessore Carlo Bolzonello, e discusso con i presenti di questo tema (un gentilissimo ascoltatore mi ha segnalato il bui blanch di Fontanafredda, una polla straordinariamente bianca , che mi prometto di visitare assolutamente), al sopralluogo di Giustino Mezzalira alle risorgive di San Vendemiano (nella foto al campo chiuso delle Fontane, San Vendemiano) e ai luoghi attraversati dall'A28. Da tutti questi incontri nascono le "attenzioni" che vi segnalo:
1. esiste una legge regionale (Regione Veneto) sull'importanza delle risorgive: L n. 23 del 25 settembre 2009 "Iniziative a tutela dei corsi di acqua di risorgiva". Legge non finanziata (la dice lunga) e tardiva (dopo che i disastri sono stati fatti), ma che potremmo studiare e tenere presente. ci sono molti link, ma preferisco fare un copia incolla nel prossimo post, con l'intera legge (non è lunga affatto...)
2. esiste una legge regionale veneta sulla piantumazioni di boschi planiziali (L n. 13/2003), alcune info sono su http://www.venetoagricoltura.org/content.php?IDSX=58&SIDSX=90
3. al link www.chierici.biz/biblio/Risorgive.pdf trovate in pdf l'intero testo intitolato "Risorgive e fontanili" edito dal Ministero dell'ambiente alcuni anni fa,con splendide foto e interessanti informaizni. Tenete presente che non ci sono moltissime pubblicazioni sulle risorgive , quindi fatene tesoro. Scaricate e salvate il doc, potrebbe non esistere più tra qualche tempo.
4. ugulamente on line trovate il lavoro del "Comitato risorgive di Bressanvido", un libro intitolato "Le risorgive a Bressanvido e Sandrigo". Lo trovate al sito www.comitatorisorgive.it.
5. E qui ringrazio pubblicamente Giustino Mezzalira con il quale ho lungamente discusso della situaizone delle risorgive a San Vendemiano. Nasce da lui la proposta di andare a visitare le risorgive del Bacchiglione, del Girosa e altri piccoli gàtoi, come si dice in dialetto vicentino, piccoli minuscoli sistemi di risorgive sui quali il comitato da lui diretto si è attivato per creare percorsi, siti rpotetti, ricarica delle risorgive ecc. ecc. (il prossimo post sarà sulla sperimentazione di ricarica delle risorgive).
Vi segnalo dunque che il 16 ottobre ci sarà a Bressanvido la MARCIA delle Risorgive, con possibilità di visitare qs luoghi e di incontrare il comitato risorgive che ci guiderà (prendete contatto attraverso www.comitatorisorgive.it).

CONCLUSIONE: ho fondato un "comitato risorgive 2", a San vendemiano, da me presieduto, al quale siete tutti invitati a partecipare, con l'obiettivo di tutelare e ripristinare le risorgive di San Vendemiano e paesi limitrofi (fino a Fontanadredda). Fatemi sapere a chi interessa la cosa!!!!! Buone risorgive a tutti!
nadia breda

Comuni virtuosi con il sorriso sulle labbra....

...  e non con il ghigno di chi amministra la cosa pubblica come un feudo personale.
La differenza si può cogliere anche da questi piccoli particolari "fisiognomici".

L'assessore Orzes e Nadia Breda



Nella bellissima sala Mons. Vincenzo Savio (le ex stalle di proprietà della diocesi) sapientemente restaurata, siamo stati accolti dall'assessore alle politiche ambientali Ezio Orzes ed alle 18.30 Nadia ha presentato BIBO ad un pubblico composto dagli amministratori di tutta Italia che sono intervenuti alle 2 giornate di festa dei Comuni Virtuosi a Ponte delle Alpi, in provincia di Belluno dal 16 al 18 Settembre.

La serata è stata molto piacevole e stimolante grazie anche agli interventi del pubblico che ha avviato un confronto interessante a partire dai temi solllevati dal libro di Nadia Breda.

Bibo è stato è stato presentato oltre che dalla Nadia anche dal sottoscritto  e dal  vicepresidente del WWF Veneto Augusto de Nato.

Purtroppo nella fretta avevo dimenticato la telecamera in auto a Conegliano e quindi non abbiamo nessuna clip video della serata.

Potete consolarvi con i link qui di seguito... iniziamo con  l'associazione dei Comuni Virtuosi :
http://www.comunivirtuosi.org/

....quindi il servizio dedicato a Ezio Orzes da Report:
http://www.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-7d8c44de-6759-4195-aaae-2dff52fdae47.html

...il sito di questo vulcanico assessore
http://www.ezioorzes.it/

...ed infine non ultimo, quello del comune di Ponte delle Alpi:
http://www.comune.pontenellealpi.bl.it

Buona navigazione!

Andrea Mattarollo

TUTTI I LUOGHI di BIBO: mappa IGM della storia dell'A28, dei palù e di BIBO

E' arrivato un dono da parte di uno studente -geografo di Firenze, che ha elaborato la collocaizone dlel'A28 su una vecchia mappa IGM, grazie!!!!

lunedì 19 settembre 2011

Un parallelo con alcune pagine di BIBO, là dove bibo viene buttato nella fossa comune.... non c'è tempo per rendere onore ai morti....

"Salviamo il casolare dove fu ucciso Peppino"

Giovanni Impastato: "Quello resta un luogo simbolo".

di SALVO PALAZZOLO L'appello di Giovanni Impastato da Repubblica.it ha già raccolto tantissime adesioni. "E' davvero uno scandalo - dice - che il casolare dove fu ucciso Peppino sia ormai trasformato in una discarica. Provo rabbia ogni volta che torno in quei luoghi di contrada Feudo, a Cinisi, mi sembra un'offesa ripetuta a mio fratello. Ma adesso so che la mia rabbia è condivisa da decine, centinaia, migliaia di persone, che da stamattina continuano a manifestarmi la loro solidarietà. Adesso, so che un'unica voce sta dicendo con forza: "Salviamo la memoria di Peppino, salviamo quel luogo dove un gruppo di assassini ha tentato di mettere fine alla speranza di questa nostra terra. Sono sicuro che Peppino non si sarà rassegnato, neanche nel momento in cui l'aggredivano. Non ci rassegnamo noi alla mafia e all'indifferenza delle istituzioni".

Le foto del casolare abbandonato


L'appello di Giovanni Impastato è stato raccolto dal senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della commissione parlamentare antimafia: "Si parla tanto di lotta alla mafia - dice - e poi un luogo con una valenza significativa come quello in cui perse la vita Peppino Impastato viene abbandonato all'incuria. Il nostro Paese ha più che mai bisogno di luoghi in cui coltivare la memoria per rinnovare l'impegno antimafia, per la legalità e la giustizia".

NASCE UN GRUPPO SU FACEBOOK

Sul caso Impastato si mobilitano anche Giuseppe Lupo, segretario siciliano del Pd; Emanuele Fiano e Andrea Orlando, presidenti del "Forum Sicurezza" e del "Forum Giustizia" del Partito Democratico. "Esistono luoghi della memoria, altari del ricordo civile, che non possono essere cancellati dall'incuria o imbrattati dall'immondizia - scrivono in una lettera aperta - . Questi luoghi sono parte della storia di uno Stato e segnano la vite di migliaia di persone. I luoghi come il casolare di contrada Feudo sono i mattoni su cui cui si costruiscono le coscienze civili di tanti ragazzi e la fonte con cui si rinnova quel nostro spirito collettivo, troppe volte straziato".

Il Pd lancia un appello alla "società, alla politica, alle istituzioni, perché si attivino immediatamente per riportare quel casolare alla dignità che spetta ad un simbolo così importante della lotta alla mafia in questo Paese. Si trovino subito quei pochi soldi necessari a ripulirlo, recintarlo e per apporvi una targa e un tricolore per le generazioni che qui verranno. Lo faccia lo Stato o lo faremo noi, apponendo una targa nelle prossime settimane. Lo dobbiamo a noi stessi e ai nostri figli prima che a un ragazzo ucciso dalla mafia".

BIBO e gli amministratori dei "comuni virtuosi"... da confrontare con quei Comuni POCO VIRTUOSI che hanno distrutto risorgive e palù


Tra la chiesa e il municipio, esattamente in mezzo, si trova questo edificio: è la sala Zevio a Ponte nelle Alpi, località Cadola, ex fienile della canonica, ora ristrutturata e splendente, come vedete. La presentazione di BIBO, qui, venerdì sera, è stata l'occasione graditissima di scoprire una realtà che vogliamo segnalare a tutti: l'Associazione Comuni VIRTUOSI. E' una ass. di amministrazioni di tutta Italia, che si riuniscono per condividere sperimentare e diffondere buone pratiche di amministrazione. Volete un esempio? Piccoli bussini per spostare gli anziani, portarli in centro a bere il caffè o visitare la dottoressa o recarsi in farmacia.... un servizio SMS per i cittadini per sapere delle riunioni del consiglio comunale....... raccolta spinta e diminuzione di rifiuti......
Qui ho fatto la pace con la politica, ho ripreso ossigeno e voglia di tornare a occuaparmi di amministrazione. Seguiteli, informatevi, poi chiedete alle vs amminisrazioni di entrare a farne parte....SCOPRIRETE DAVVERO LA BUONA ITALIA..... ciao a tutti, buon autunno......

giovedì 15 settembre 2011

Ciao a tutti,

NUOVA PRESENTAZIONE di BIBO:

a Ponte nelle Alpi domani venerdì 16 settembre prende il via la FESTA DEI COMUNI VIRTUOSI : tre giorni del premio comuni a 5 stelle organizzato dall'associazione nazionale dei Comuni Virtuosi.
IL 16 settembre a partire dalle ore 18.00 presso la sala Mons. Vincenzo Savio (DIETRO IL MUNICIPIO DI PONTE NELLE ALPI) nadia breda, Andrea Mattarollo ed Augusto de Nato presenteranno BIBO!!!!!!!!
A seguire un concerto gratuito di un duo di grande spessore artistico.
Diffondete e partecipate.
www.comunivirtuosi.it

mercoledì 31 agosto 2011




di Nadia Breda

Nel Borgo Breda, il racconto del viaggio di GEO TRANSECT Veneto 2011.

Grazie geotransect di essere passati qui!!!!!!!!!!!!!!!!


Sono arrivati trafelati.... 8 ciclisti (6 maschi 2 femmine)... da Forno di Zoldo diretti a San vendemiano, passando per il lago di santa Croce, il Fadalto, Vittorio Veneto e giù dritti nella pianura. Sbalzo termico di 20 gradi (!!!!)...

Sono i viaggiatori di Geotransect che hanno atraversato il Veneto direzione nord-sud in 9 giorni a piedi e in bicicletta, dalle Dolomiti alla laguna.
La tappa intermedia nel Coneglianese l'hanno fatta nel mio mitico prato, quel prato che è raccontatao in BIBO, dietro il Borgo Breda che sta diventando un luogo emblematico-simbolico del Veneto.



Ringrazio i viaggiatori di GEOTrans perchè:

- perchè sono giovani
-perchè sono giovani che hanno usato 10 giorni delle loro ferie per fare un viaggio a piedi e in bicicletta, senza inquinare nulla
- perchè sono viaggiatori e NON TURISTI
- perchè hanno scleto di CONOSCERE viaggiando
-perchè hanno scelto di conoscere pezzi di natura (per es. le risorgive di san vendemiano)
- perchè hanno scelto luoghi maestosi (le dolomiti) e luoghi umili (il prato di Borgo Breda)
- perchè prima di partire HANNO LETTO LIBRI, si sono informati e hanno studiato
- perchè ci siamo conosciuti attraverso la rete web....
- perchè resteremo amici
-perchè ci incontreremo in altri luoghi della natura (i colli euganei, tra poco)
-perchè hanno costruito amicizia, allargato gli orizzonti
-èerchè hanno riunito, quella sera, nel prato, molte persone di associazioni amobiti e provenienze diverse
- perchè con noi c'ernao anche due ragazze e un padre marocchine a rendere internazionale il ns incontro
- per le loro bici meravigliose!!!
- per la loro impronta leggera e la loro gentilezza
-perchè il prato di Borgo Breda sta diventando un luogo di memoria e di aggregazione sociale e culturale,

e per tanto altro ancora!!!!
Grazie GEO, Arrivederci GEO!!!!!








martedì 26 luglio 2011

LA PRIMA STUDENTESSA
DIPLOMATASI CON UNA RICERCA SULL'IMPATTO DELL'a28 SUI PALù.

Complimenti!!!!!!!!!!


Si tratta di una giovanissima di III Media che ha scelto come argomento per la ricerca di scienze lo studio dell'impatto di una grande infrastruttura sul territorio. L'argomento è stato apprezzato dai suoi docenti e la giovanissima ha dimostrato sensibilità e capacità critiche per niente comuni.
E noi ringraziamo la giovane studentessa!!!!!!!!!!!!
qui sotto la sua ricerca e il suo testo. Le domande che sono riportate sono frutto del suo pensiero e sono precise e di grande tenerezza allo stesso tempo. Leggetela!


IMPATTO DI UNA GRANDE INFRASTRUTTURA

SU UN TERRITORIO AGRARIO UMIDO:

IL CASO DELL’A 28

AUTOSTRADA CONEGLIANO- PORDENONE





Nei più nascosti recinti dell’acqua il ramo

il vero ramo arriva protendendosi

sempre più verde del suo non- arrivare

Ardui cammini del verde

sul filo di infinite inesistenze-

Un ultimo raggio li perseguita

-Andrea Zanzotto-










20 maggio 2011






Premessa. Avendo sentito molto discutere intorno al problema dell'A28 Conegliano-Pordenone, dopo aver visto alcuni libri su questo argomento, sapendo che questa infrastruttura è stata realizzata non lontano dal mio Comune, mi sono proposta di approfondire questo argomento e ho avuto l'occasione di intervistare l'autrice dei libri che avevo consultato, dedicati a questo problema, Nadia Breda.


Nadia Breda è un'antropologa, cioè una studiosa della cultura e delle società passate ma anche presenti, che si è occupata a lungo proprio di questi argomenti.


Un'autostrada è una infrastruttura scelta dalla società e questa scelta (e la sua valutazione) può quindi essere studiata dal punto di vista antropologico.


Poiché un'autostrada ha un rapporto diretto con il territorio in cui viene costruita, con il suolo, il sottosuolo, le acque, la flora, la fauna e le persone, l'impatto che essa produce può essere oggetto di una ricerca di scienze.





La mia ricerca di scienze riporta le mie domande all'antropologa e le sue risposte, con una mia breve conclusione.


Studentessa. - Per quale motivo ti sei interessata a questo problema?


Nadia – Mi sono occupata fin da giovane di questo problema perché conoscevo per esperienza diretta il territorio sul quale era stata progettata l'infrastruttura di cui stiamo parlando e perchè ero molto affascinata da quel tipo di paesaggio agrario umido che viene definito con una parola particolare: palù.



S. – Cosa sono i palù?


Nadia- I palù sono un paesaggio costituito da 3 elementi: [...] prati umidi, arricchiti da molti filari di siepi e da corsi di acqua. In particolare i palù coinvolti nella costruzione dell'A28 sono ricchi di acque di risorgiva. I palù sono l'equivalente dei bocages francesi e sono paesaggi posti sotto tutela in vaste zone d'Europa. I palù coinvolti nel passaggio dell'autostrada Conegliano-Pordenone sono stati dichiarati SIC (Siti di Interesse Comunitario, cioè tutelati dalle normative europee) nel 2004, purtroppo dopo l'approvazione del progetto autostradale.






S- cosa sono le acque di risorgiva?


Nadia- le risorgive sono un fenomeno idro-geologico molto importante nel Nord Italia. Nella fascia delle risorgive l'acqua rispunta dopo essere defluita per vari decenni nelle falde acquifere sotterranee. Come si può vedere da schemi e disegni, l'acqua meteorologica si infiltra nel sottosuolo nella parte dell'alta pianura padana, scorre nel sottosuolo lentissimamente per molti decenni e poi -arrivata a circa metà del suo percorso dalle montagne al mare (quindi all'altezza dei nostri paesi)- incontra terreni impermeabili (argilla, creta) che non le permettono più di scorrere ed è quindi “costretta” a riaffiorare a livello del terreno di campagna.



Di solito l'acqua rispunta modellando il terreno con una forma ovale detta “polla di risorgiva”, dalla quale parte l' “asta”, cioè il primo tratto del corso d'acqua che si formerà. Le acque di risorgiva hanno una temperatura costante estate e inverno, intorno agli 11°-13° e quindi creano un microclima molto fresco che richiama una fauna e una flora specifica. In particolare, si insediano intorno alle risorgive i cosiddetti “relitti glaciali” cioè piante ed erbe che si sono adattati in questi luoghi al tempo protostorico delle glaciazioni e che sono rimasti vicini alle risorgive (mentre nella campagna intorno sono scomparsi) proprio perché vicino alle risorgive permane un microclima fresco. Un esempio è il sigillo di salomone o l'anemone nemorosa.


S- Che tipo di vantaggi e di svantaggi porta la costruzione di un'autostrada?


Nadia- Una autostrada è un’opera che comporta sempre un grande impatto su un territorio, per le sue dimensioni, per la sua forma e per il tipo di traffico che vi scorrerà una volta costruita. I vantaggi vanno tutti al settore dei trasporti su gomma e agli automobilisti che possono usufruire di una nuova arteria stradale per i loro commerci o per i viaggi.

Ma a mio avviso gli svantaggi sono moltissimi dal punto di vista ambientale, sociale e culturale.


S – che tipo di svantaggi o danni può provocare o ha provocato al territorio l'autostrada?


Nadia- Questa autostrada, seppure breve (30 km in tutto) ha intersecato un territorio molto particolare, i palù appunto, e ha condizionato fortemente questo paesaggio agrario umido tagliandolo nettamente in due parti. Viene così danneggiata la continuità ecologica perché un’autostrada costituisce per flora fauna e acqua una barriera molto forte, sia in orizzontale che in verticale. L'autostrada separa le comunità animali e vegetali sia da una parte all'altra delle corsie, sia sopra le corsie, per varie decine di metri.


Un’infrastruttura autostradale di questo tipo compromette l'habitat di fauna e flora e noi sappiamo invece dalle direttive europee e dalla ricerca scientifica che per proteggere fauna e flora specifica (come lo è quella dei palù) bisogna tutelare il loro habitat. Sono stati attraversati con questa autostrada oltre 70 corsi d'acqua di risorgiva per un totale di 25 Km di ruscelli di risorgiva, sono stati abbattuti migliaia di alberi (si calcola almeno 25.000 alberature su 50 Km di siepi intersecate dall'autostrada). Le siepi che rimangono sul territorio sono degli spezzoni che andranno incontro a probabile ulteriore estirpazione.



S- Cosa succede alle acque, qual è l'impatto sull'acqua di risorgiva?


Nadia- Le risorgive sono state intersecate dall'autostrada in maniera perpendicolare, creando quindi un effetto barriera che i costruttori hanno cercato di mitigare costruendo dei tombotti (sottopassi) a cielo aperto per ogni fosso, per far defluire le acque. Ma il grande impatto è stato soprattutto sul paesaggio che viene invaso, con la costruzione dell'autostrada, da un oggetto estraneo alla campagna, rigido, rumoroso e molto inquinante. Per esempio secondo alcune norme tecniche non si dovrebbero coltivare ortaggi entro gli 80 metri dal bordo dell'autostrada a causa della grande ricaduta degli agenti inquinanti sul territorio (gas di scarico, polveri sottili ecc., ecc.)


S- Viene danneggiata anche la vita sociale che si conduceva in quel territorio?


Nadia- Viene danneggiata la possibilità di un’agricoltura che produce alimenti sani, vengono frazionate le campagne e le proprietà, la vita e il lavoro dell'agricoltore vengono svalutati.

Da un punto di vista sociale più ampio si può notare che con la costruzione di un'autostrada si continuano a privilegiare i mezzi di trasporto su gomma anziché le ferrovie e i trasporti su rotaie o fluviali.


S- Viene in qualche modo perduta una cultura con i suoi usi e costumi, come per esempio quella contadina?


Nadia- La costruzione di questa autostrada, su questo territorio agricolo conferma l'inferiorità della cultura contadina. Non solo, in questo caso è stata molto penalizza anche la cultura ambientale, che deriva dalla cultura scientifica con la sua grande attenzione agli elementi naturali come flora, fauna, idrologia...





S- In conclusione cosa pensi tu della costruzione di questa autostrada?


Nadia- Penso che per avere alcuni vantaggi dal punto di vista del trasporto su gomma si è sacrificato un ambiente e un territorio molto particolare e molto importante perché ricco di acque di risorgiva. Non sono affatto convinta che questo prezzo valesse la pena di essere pagato. La considero una grande perdita, di territorio, di paesaggio e di bellezza.






S – a lungo termine, questa autostrada può avere effetti anche sul resto del territorio?


Nadia- certamente sì. Induce un aumento del traffico in tutto il circondario, con le conseguenze che ne derivano (rumore, inquinamento, consumo del suolo); inoltre induce la trasformazione di un territorio agricolo in territorio destinato ad altri usi (industriali, commerciali...). Un'autostrada o una nuova strada spesso viene definita il “primo agente colonizzatore” del territorio, una specie di fune calata in mare a cui si attaccano poi tante altre cose.





Conclusioni

Dopo la mia intervista a Nadia Breda ho potuto farmi un'idea più precisa sul problema dell'impatto di questa infrastruttura sul territorio, in particolare sulle componenti naturali dell'ambiente. Ho scoperto soprattutto le acque di risorgive e ho capito il funzionamento idrogeologico di questo fenomeno. Ho avuto molti spunti per approfondire questo argomento e credo che ci rifletterò anche in futuro.

Dopo l'intervista sono stata sul campo a vedere di persona le polle di risorgiva, il paesaggio dei palù e la costruzione autostradale che lo attraversa. E’ stata un’esperienza molto particolare perché mi sono venute in mente tutte le volte che sono andata lì con la mia famiglia e con la famiglia di Nadia a passeggiare. Nulla di quel che si vede ora è uguale a quello che tengo caro nei miei ricordi, il paesaggio è stato tagliato dall’autostrada e il silenzio dei prati non c’è più. Mi sono resa conto che abbiamo tutti perso qualcosa che non può più tornare.




Libri consultati


Breda N., palù,inquieti paesaggi tra natura e cultura, Cierre ed., Verona 2001

Breda N., Bibo, dalla palude ai cementi. Una storia esemplare, ed. CISU, Roma 2010



martedì 21 giugno 2011

Nadia Breda: partendo da Trevisan considerazioni sul termine NORDEST, sull'ALBERO e sulla RESPONSABILITA'

Ringraziando Andrea Mattarollo per il suo commento relativo all'importante dibattito con Vitaliano Trevisan e Franco Zagaro alla Fondazione Benetton, desidero anch'io riprendere alcune idee e condividere una riflessione sull'albero e sulla responsabilità, passando per il nordest
1. I tempi sembrano maturi innanzitutto per abbandonare questa brutta definizione di “NORDEST” -in cui io pure sono stata "tratta", invischiata, a furia di leggere cose sul NORDEST- che non ha alcun senso geografico e poco socio-antropologico. L'ho capito definitivamente guardando una carta geografica acquistata in Nordeuropa da un amico, con punto di vista da nord Europa verso il sud Italia, da cui si vede come noi che ci crediamo vivere nel nordest, in realtà siamo il SUD di altri -risaputo- e poi, cosa molto più importante, si vede bene l'unità ecologica delle Alpi e i suoi versanti Europei, cosa di cui ci occupiamo assai poco e di cui sappiamo assai poco... NORDEST è un concetto infatti Roma-centrico! paradossale che lo abbiamo usato proprio noi critici del nordest.

2. L'ALBERO
Esiste una vasta letteratura sull' e una storica attenzione ad esso, ma per me è stato illuminante e fondamentale il libro di LAURA RIVAL, The Social Life of Trees, un lavoro del 1998 di questa brava antropologa inglese (per le edizioni BERG e purtroppo mai tradotto in Italia). Questa studiosa ha raccolto i contributi di alcuni autorevoli antropologi a cui aveva chiesto di rispondere a una domanda: perchè l'albero è così importante in tutte le culture e le società della terra? E' noto infatti che l'albero, come dice Laura Rival, “provvede alcuni dei più visibili e potenti simboli dei processi sociali e delle identità collettive”: differenti società e culture usano l’albero per rappresentare l’esistenza umana e sociale, individuale e sociale. Si pensino a tutti i riti (piantare l'albero alla nascita, seppellirvi placenta e cordone, simbologie sessuali dell'albero...), al rapporto religioso con l'albero (l'albero della vita, la croce come albero...), all'albero nella mitologia e nella letteratura, nella politica (riforestazioni, deforestazioni...piantagioni coloniali... campagne di piantumazione ecc. ecc.), nella rappresentazione della parentela (albero genealogico, ma la genealogia è rappresentata come un bananeto in alcuni gruppi africani...)
L’albero è una complessa rappresentazione culturale composta da differenti tipi di conoscenze e di operazioni cognitive. L’albero è sistematicamente associato alla salute dell’ambiente, al benessere della comunità e alla sua prosperità, alla salute e al vigore di una comunità.
Esso è usato per simbolizzare le collettività politiche, per dare dimensione rituale ad attività politiche, per dare sostegno alle politiche di conservazione.
In ogni cultura e in ogni società emerge chiaramente l'immagine di un tema ricorrente: la vitalità e il potere di rigenerazione degli alberi. Gli alberi cioè sono usati simbolicamente per rendere concreto e materiale la nozione astratta di vita, l’albero è il supporto ideale per questa concezione di vitalità. Le conclusioni a cui si arriva con L. Rival attraverso l’approccio etnografico sono che ciò che sembra guidare il simbolismo dell’albero non è tanto il transfert di intenzionalità su organismi non umani, quanto piuttosto il bisogno di trovare entro l’ambiente naturale la manifestazione materiale di un processo organico che possa essere riconosciuto simile a quello che caratterizza il ciclo di vita umano, o la continuità di esistenza della società.



Sarebbe interessante ma è qui improponibile ripercorrere i molti esempi che Laura Rival discute nel suo libro per addentrarci nella complessità di questo “artefatto politico” che è l'albero.
E' importante però interiorizzare almeno due concetti: che l'albero è un soggetto storico e culturale con il quale interloquire e che la sua essenza è la sua straordinaria vitalità.
E come non ricordare allora quanto Gilles Clément ha insegnato: l'attenzione al vivente, che deve essere il principio guida del nostro rapporto con il paesaggio. Il vivente timido, dotato di imprevedibilità.....
E come non ricordare che i complessi cicli vitali che l'albero sostiene e produce sono una di quelle forme di “economie della natura” di cui parla Vandana Shiva, che dobbiamo imparare a rispettare? Quelle economie dove la natura dona e noi umani riceviamo.



Ecco cosa cercavo di discutere con Vitaliano Trevisan e Franco Zagari, alla Fondazione Benetton: la nostra dovuta attenzione a questo soggetto vivente importante essenziale e generoso che è l'albero. E non farei grandi differenze tra albero urbano e albero del bosco, anche se in un primo tempo ero tentata di farlo. Piuttosto, l'invasione del bosco di cui oggi ci si lamenta è da rileggere alla luce dei nuovi concetti di “restoration ecology”, una ecologia che lascia spazio alla natura, che chiede all'uomo -che ha preso tanto- di “restituire”. Sono politiche che ci arrivano dai paesi ex-coloniali, con le quali dobbiamo interagire e forse imparare, ma sono anche lo stesso concetto di Terzo paesaggio di G. Clément, di uomo che si sottrae (finalmente) e lascia spazio alla natura e alla sua vitalità, a cui dobbiamo re-imparare ad affidarci.



  1. sulla responsabilità.
Ho scritto altre volte come, secondo me -imparando dagli studi sul postcolonialismo- la devastazione ambientale del Veneto sia dovuta a una diffusa familiarità con il modello della “periferia diffusa” come condivisibilmente definisce V. Trevisan il nostro territorio. Se non ci fosse una responsabilità condivisa da parte di ogni cittadino, probabilmente non si sarebbe arrivati a questi punti.
E' anche vero però che ci sono state delle resistenze e molteplici opposizioni. La letteratura al riguardo è già vasta. Questo stesso blog è il frutto di una opposizione ultra-ventennale a una devastante opera, la A28. E' proprio il lungo e costante riflettere su questa vicenda che ci consente oggi di concludere che non tutte le responsabilità hanno lo stesso peso. Ci sono stati dei chiari momenti, nella costruzione della città diffusa, della megalopoli padana, della poltiglia urbana infetta in cui viviamo, in cui alcuni hanno potuto decidere la direzione da prendere, alcuni amministratori hanno firmato decreti, altri studiosi hanno firmato VIA, VAS, VINca, altri soprintendenti hanno negato o autorizzato VINCOLI, altri soggetti imprenditoriali hanno reclamato strade o altre buone dosi di cemento.
Intendo chiaramente dire che alcuni hanno avuto POTERE, altri no. Zaia, Galan, Matteoli, Melandri, Ronchi e Ministeri vari ecc. ecc. eccc. hanno “deciso” la A28, altri si sono invece opposti e hanno chiesto la tutela dei palù (WWF, comitati ecc.)
Ecco: la responsabilità è di chi ha avuto il potere decisionale, amministrativo. Non mi sento responsabile della distruzione dei palù, mentre so precisamente a chi attribuire questa responsabilità.
Questo è un caso esemplare, ma migliaia di altri si potrebbero descrivere.
E' questo ciò che intendo per “districare la ragnatela delle responsabilità”.
E' un discorso lungo, che sarà da riprendere in varie sedi, ma la negazione di questa posizione a me sembra che porti alla situazione che ha generato l'olocausto, ben descritta da Anna Harendt ne “La banalità del male”, dove ognuno si sente assolto perchè ha gestito solo una particella del processo, appositamente frammentato perchè nessuno si senta responsabile del risultato.
Altrettanto accade per es. nella macellazione degli animali, come mostrano alcuni poeti come Ferrero, o altri studi sui diritti degli animali.
E così, in ognino di questi casi, alla fine si arriva all'olocausto: del paesaggio, degli uomini, degli animali.
Come ha scritto L. Ferry, in “Storia politica del filo spinato”, ciò che accade alla natura accade poi agli animali e infine agli uomini.
Nella storia umana conosciamo bene esempi di tutte tre le varianti dello stesso processo....



Nadia Breda

La A28 non c'è più

Il mistero della A28 scomparsa?
Se vi recate in Google Maps, che pur sappiamo non sempre affidabile, e digitate A28, si aprirà una pagina in cui l'autostrada sui palù continua  apartire da Portogruaro, attraversa il Friuli meridionale ma, superato il Livenza, al confine con il Veneto si ferma.

La cosa oltremodo strana è che fino a qualche tempo fa l'autostrada invece era presenta in tutta la sua lunghezza, coprendo anche il Veneto fino al casello di San Vendemiano.

Leggiamolo come un'omaggio dell'algoritmo di Maps ai concretissimi palù e alle risorgive.
Qua, ci dice Google, l'autostrada forse è bene che non passi. E se purtroppo è passata per me comunque non esiste.

Magari, ma grazie comunque.

sabato 11 giugno 2011

Dibattito con Vitaliano Trevisan e Franco Zagari. Responsabilità impossibili = nessuna responsabilità?



Alcune considerazioni sull'interessante incontro di ieri pomeriggio alla Fondazione Benetton di Treviso.
Franco Zagari come interlocutore di Vitaliano Trevisan, lo scrittore/regista/attore/autore veneto che a partire da "Tristissimi giardini" affrontava di fronte a un pubblico molto interessato i temi del degrado del paesaggio veneto.

Ripeto: considerazioni molto personali che non sono una sintesi dell'incontro che ha ospitato anche alcuni interventi di Nadia Breda dal pubblico, ma ruotano su alcuni punti specifici.

"Tristissimi giardini" per me è stato un volume prezioso, concentrato su questo territorio, ma con uno sguardo diverso prima di tutto perchè non doveva (e non voleva) rendere conto a nessuno. L'autore che qui guarda e scrive del Veneto non è nè un paesaggista, nè un architetto, nè un sociologo o un antropologo, non un politico o un professionista di qualsiasi genere.

Il suo essere stato geometra ("senza firma") e lattoniere lo ha portato ad essere un co/protagonista della trasformazione del paesaggio e delle sue componenti (ha progettato capannoni e ha lavorato sulle loro coperture). La letteratura entra qui come strumento e prodotto di una ricerca per esplorare le "zone e percorsi di resistenza all'evidenza". Un esempio per Trevisan di questa resistenza sono quelle realtà del territorio che COME certe piante che bucano l'asfalto, mettono le radici su di un muro o nell'incavo di una grondaia trascurata, crescono e si sviluppano, vivono "senza rendersi conto che non è li che dovrebbero essere, e di quanto precaria sia la loro situazione."

Attenzione: l'evidenza non è la realtà di fatto, per cui resistere all'evidenza significa resistere ad una realtà che si può non accettare, che si può contrastare, ma una lettura della realtà. Come potrebbe essere la realtà virtuale di un gioco digitale: in questo caso il ruolo del giocatore è di entrare in questa realtà e farla sua, appropriarsene e tanto meglio ci riuscirà tanto più il gioco sarà soddisfacente: resistere all'evidenza di questa realtà virtuale significa cercare i difetti, le smagliature del gioco i suoi buchi ed i suoi bachi, in pratica fare le pulci al suo autore.

E difatti a Trevisan le piante, l'albero, non interessano. Non: la piantina che sopravvive nella grondaia, ma: il suo essere fuori posto, contradditoria, resistente al progetto del lattoniere, del geometra, del proprietario della casa.

In questa prospettiva "Tristissimi giardini" diventa un percorso denso e ricco di fulminanti immagini di queste resistenze: Vicenza "contenitore" di straordinatri, magnifici "contenitori" come la basilica e il teatro palladiano, città "vuota, insipida, futile, gratuita, decisamente non all'altezza di quel magnifico sfondo."

E qui nasce la contestazione di Nadia Breda a Trevisan: questa incapacità di riconoscere passato e presente del territorio veneto e quindi questo concreto agire nel territorio senza comprenderlo e -dice Nadia- senza volerlo comprendere, non è un dato di fatto, ma il frutto di una visione del territorio e di un agire, un fare progettuale, politico, imprenditoriale, sociale anche ad es. per i risvolti che si sono prodotti con la destrutturazione urbanistica che è stata chiamata città diffusa (Trevisan dice giustamente: periferia diffusa).

Per Trevisan invece non ci sono COLPEVOLI, responsabili da individuare, perchè siamo tutti colpevoli. Tutti noi che abbiamo votato questa classe politica per 50 anni o che pur senza averla votata abbiamo partecipato al festino economico che ha visto il Veneto schizzare al top mondiale della crescita del PIL, almeno nei decenni passati.

Nadia Breda ha contestato quindi 2 cose: innanzitutto che esistono e sono individuabili attraverso gli atti pubblici che hanno sottoscritto, i tecnici, i politici ed i partiti che si sono resi responsabili (nel senso più ampio) delle scelte di gestione del nostro territorio. E che rendere visibile questa realtà, chiamare a rispondere delle loro scelte tutti costoro,  significa uscire appunto dalla rete melmosa  che prende dentro tutti e nessuno,  contro la quale aveva ben scritto Hanna Arendt nella Banalità del male.

Non si tratta di trovare dei COLPEVOLI  per potersi sentire INNOCENTI, come le contestava Trevisan.  Certo sono d'accordo con Trevisan che siamo tutti -in varia misura- corresponsabili dello stato delle cose, ma solo con un riconoscimento delle responsabilità  (individuare chi ha autorevolmente promosso la distruzione del territorio e chi l'ha passivamente subita ad es.) potremo sperare di cambiare lo stato delle cose: prima dobbiamo riconoscerle.

Quindi, altro punto inportante, Nadia Breda ha ribadito l'importanza (anche simbolica), il significato dell'albero come creatura vivente innanzitutto, rispetto ad una prospettiva che oggi al più lo considera come oggetto di arredo urbano quando non, molto più spesso, un problema proprio per la sua vitalità: le radici che sollevano le pavimentazioni, l'ombra fastidiosa, un pericolo per gli automobilisti, etc.

Per Trevisan l'albero invece non ha valore in quanto vivente, ma in quanto elemento contestuale, come OGGETTO.

Da questo punto di vista mi pare in  accordo con la visione del paesaggio del Prof.Zagari, per il quale se è  vero che

Il paesaggio non si tutela pensandolo come qualcosa di statico, destinato a durare in eterno, ma progettando il difficile equilibrio, perennemente in movimento, tra la natura e la sua antropizzazione. [dall'introduzione di Renato Nicolini a Franco Zagari a Questo è paesaggio. 48 definizioni Gruppo Mancosu editore, Roma 2006]

questo equilibrio non sembra lasciare spazio alla natura ma solo all'idea (ed a una idea in patricolare) che l'uomo, l'architetto, l'esteta, il paesaggista ha della natura. 


Ma come parla, come rende conto di sè la natura,  l'albero in questa (im)possibile "mediazione" che la e lo vede presente o con la voce dell'uomo (che gli dà senso e storia) ma anche con la propria voce che è appunto la voce del suo esistere, del suo esserci biologico e storico, ma che appunto nella prospettiva di Trevisan diventa flatus vocis, nessuna voce o voce inascoltata da tutti??

In fondo buona parte della storia dell'uomo (non solo la nostra storia, ma di tutte le altre culture) è stata la storia di (come) questa voce senza parole ha preso la parola a partire dal suo essere concreto, dal suo esistere, ed ha costretto l'homo sapiens ad ascoltarla.

Solo oggi e qui, possiamo addirittura permetterci di non ascoltare più questa voce, di riconoscere come OGGETTI equivalenti un albero e un lampione, di nascondere quella fondamentale parte di noi che è natura prima ancora che cultura. Senza la quale saremo forse solo degli uomini a metà. 

Andrea Mattarollo