martedì 18 ottobre 2011

Andrea Zanzotto

Topinanbur


Un SMS, è di Nadia, c'è scritto:

E' morto Andrea...
Lacrime.... al maestro...

Sono a tavola e sto parlando con il mio bambino Giulio e con mamma Vinzia.
Dico: è morto Zanzotto.

Non me l'aspettavo, era arrivato al giro di boa dei novantanni, che per lui non contava niente.
Non l'ho mai conosciuto ma conoscevo il figlio  Fabio che aveva fatto l'artistico con me, l'ultimo anno eravamo nella stessa classe, sua madre era la nostra insegnante di italiano.
Avevamo una amico comune io e Fabio, Giuseppe Tarzoni, di Follina.
Con Fabio prendeva ogni giorno, andata e ritorno, la corriera che da Treviso portava a Pieve di Soligo e poi a Follina fin su credo a Conegliano.
Fabio aveva raccontato a Giuseppe che suo padre era candidato al Nobel.
A me sembrava una smargiassata: chi era poi questo Andrea Zanzotto? Era il 1979, ed erano ben altre le cose importanti, per me.
Piano piano però Zanzotto si è rivelato, prima di tutto con una poesia facile facile (che io poi avevo utilizzato ampiamente per ispirare i miei versi giovanili):

Mondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa' che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,
ed ecco che io ribaltavo eludevo
e ogni inclusione era fattiva
non meno che ogni esclusione;
su bravo, esisti,
non accartocciarti in te stesso in me stesso.

Io pensavo che il mondo così concepito
con questo super-cadere super-morire

il mondo così fatturato
fosse soltanto un io male sbozzolato
fossi io indigesto male fantasticante
male fantasticato mal pagato
e non tu, bello, non tu <<santo>> e <<santificato>>
un po' più in là, da lato, da lato.

Fa' di (ex-de-ob etc.)-sistere
e oltre tutte le preposizioni note e ignote,
abbi qualche chance,
fa' buonamente un po';
il congegno abbia gioco.
Su, bello, su.
Su, munchhausen.



Nel 1999 Giuseppe Tarzoni, per sempre ragazzo,  per sempre forte e coraggioso, la notte del 16 marzo a Lago di Revine scorge alcuni grossi rospi che stanno attraversando la strada provinciale 35, ferma l'auto, scende e mentre la sua ragazza li sposta per metterli al sicuro,  lui si piazza in mezzo alla strada  alza le braccia e fa segno di fermarsi ad una panda che sta sopraggiungendo, che gli piomba addossso e lo uccide.

Mi sono sempre chiesto come Andrea Zanzotto abbia letto questa morte, che fu clamorosa nella vallata e vissuta con sgomento: come può un giovane in salute (campione italiano di Body Building), un giovane imprenditore (due attive e apprezzate palestre), morire per salvare due rospi.

Io la mia idea c'è l'ho, anzi so perfettamente perchè il mio fraterno e carissimo amico Giuseppe ha fatto quello che ha fatto, ma sono sicuro che Andrea Zanzotto avrebbe potuto esprimerlo con parole che sarebbero state comprese da tutti e che stavano da qualche parte anche dentro di me a bollire e a mordermi il cuore.

Ecco  penso che tutta la poesia di Andrea Zantotto sia una risposta a questa morte.
Per questo atto di rispetto per chi è nulla per questo mondo, in un mondo che non rispetta nulla.


Andrea Mattarollo








lunedì 10 ottobre 2011

Andrea Zanzotto compie 90 anni: il suo regalo ai palù


Oggi il mondo, non solo l'Italia, ha un buon motivo per festeggiare: da 90 anni un grande autore, un poeta ma anche un fondamentale interprete del nostro paese e del paese-mondo continua ad accompagnarci con la sua ricerca rasoterra e rasombra. La poesia come ricerca che non si esaurisce è oggi il pane e la tavola  a cui dovremmo tutti accomodarci e di cui tutti forse abbiamo necessità assoluta perchè non ci possiamo più permettere di soprav-vivere al progresso-scorsoio che esaurisce le nostre sorgenti vitali.

Ed ecco allora che qui propongo alcuni delicati regali che il maestro ha fatto a noi, ad incorraggiarci nella nostra lotta a difesa dei Palù. Ancora nell'ottobre del 2000, giusti 11 anni fa quando in occasione della FESTA DEI PALU' che si organizzò con il WWF, con la partecipazione di Marco Paolini, Gianfranco Bettin e Giorgio Sarto volle inviarci una bella e commovente lettera che qui sotto riportiamo.



Pieve di Soligo, 05.10.2000


Cari amici,

mi spiace infinitamente di non poter essere tra voi per la Festa nei palù e dei palù.

In questi tempi di cannibalismo esercitato in tante forme sul territorio, e di un turismo diventato ormai un'alienazione di massa, bisogna avvicinarsi a questi luoghi preziosi con spirito di cautela e quasi di venerazione, ma è pur giusto che, sia pur di rado, si dia la possibilità a tutti di gioire tra le primordiali purezze e libertà della gran vita terrestre, nei luoghi sempre più esigui dove si sono conservate.

Bisognerebbe che tutti, anche i più estranei, fossero avvicinati e fatti inoltrare in questi luoghi: la loro forza profonda e la loro armonia aspettano, infatti, il vero compimento nell'uomo, che invece si suicida minacciando ovunque, e specie nei nostri paesi tanto antropizzati anche per necessità, la terra madre e generatrice.

Bisogna che questo continuo sviluppo febbrilizzato sia trattenuto in limiti sostenibili, e se è vero che bisogna purtroppo scegliere il male minore trovando soluzioni a problemi comunque devastanti di traffico e simili, solo la meditazione sulle origini reali di tanta febbre e l'affrontare pacatamente le cause può incentivare un minimo di speranza.

Se si pensa di imbottire le strade esistenti di un traffico sempre crescente nessuna soluzione viaria potrà bastare. Creperemo comunque di smog e cemento.

Evviva i Palù, dunque e l'aura stupenda che ne promana!


Andrea Zanzotto

P.S. Questo discorso ovviamente vale per discariche, cave e ogni altra manipolazione dissennate del manto della terra, magari in nome del mito del sempiterno autmento del prodotto Interno Lordo. In questa lordura, si fa per dire, rimarremo seppelliti.



domenica 9 ottobre 2011

48° anniversario strage del Vajont...

Amici di Bibo partecipa al ricordo della strage del Vajont, oggi 9 ottobre, 48 anni dopo. Lo ricordiamo postando le parole di un giovane che sarebbe nato circa 20 anni dopo la strage, ma che "ricorda", conosce, ama, partecipa.... leggetelo.. guardate la foto di ERTO fatta oggi da un giovane, leggete la poesia che una notte lui ha scritto per ERTO.

Tutto ciò è motivo di speranza....

infine: non dimentico che a Ponte nelle Alpi, in occasione della presentazione di BIBO poche settimane fa, durante il dibattito un cittadino ci ha invitati a cominciare i preparativi per una grande celebrazione del 50° del Vajont, tra due anni.
BIBO ci sarà. Le acque che abbiamo celebrato nelle risorgive, nel BIBO, e le acque del PIave del vajont, sono tutte acque del nostro Pianeta, tutte violentate ugualmente, e noi lavoreremo per restituire.

buona lettura amic*

Per non dimenticare, 48° anniversario del disastro del Vajont…

8 10 2011

di Paolo Steffan

Veduta della parte orientale del vecchio borgo di Erto - Foto di Paolo Steffan (2010)

9/10/1963-9/10/2011 – Tutti sanno che cos’è stato il disastro del Vajont, quasi tutti, anzi molti… insomma, troppo pochi ricordano, specie i giovani, a cui spesso nessuno ha fatto presente che cos’è stata quella tragedia, perché va ricordata oggi, quasi mezzo secolo dopo… Io – molti anni fa – ho avuto la fortuna di avere incontrato chi mi ha iniziato a quella storia; poi ho visto lo spettacolo magistrale di Marco Paolini; poi sono passati alcuni anni. E l’anno scorso quella storia è riaffiorata, causa una visita ad Erto, che ho trovato bellissimo, e ancora pregno – specie nei suoi angoli più caratteristici – di quella tragicità che non gli si staccherà mai più di dosso! E allora, dopo quella visita a Pasquetta del 2010, ho scritto in poche ore, confezionato in pochi giorni, un testo in versi, venutomi naturale e necessario. E con lo stesso spirito, questa notte che prelude a quella di 48 anni dopo la tragedia, confeziono questo articolo, che vuole utilizzare i potenti tentacoli della rete per ricordare ancora, e ancora, e ancora…

Perché dopo questi ultimi 50 anni di grandi cambiamenti, di sfrenate corse al guadagno e all’arricchimento di ceti e aree privilegiate del mondo (di cui ben si sa…), alle spalle di un’umanità dimenticata e oltraggiata, spesso uccisa, a livello globale, senza che il più delle volte nessuno abbia reso giustizia, forse va ricordato più di sempre che cos’è stato il disastro del Vajont.

Va ricordato in un tempo nel quale un ministro della Repubblica – tale Giovanardi – si permette (alcuni mesi fa), nel dibattito sul ritorno al nucleare in Italia, di dichiarare (ad una trasmissione di La7) che i pericoli del nucleare non sono certo di molto superiori a quelli dell’idroelettrico, basta vedere quanto è accaduto con la diga del Vajont! “BASTARDO!”, come direbbe Paolini di chi è stato complice del disastro… Ma BASTARDI anche noi!, che permettiamo, per la nostra troppo poca memoria, che un ministro della Repubblica faccia esternazioni di questo tipo, che sono di una gravità estrema, poiché manipolanti una memoria che non si può permettere che venga manipolata! Noi che – fuori dalla valle di Longarone – crediamo non ci riguardi una proposta, di qualche mese fa anch’essa, di produrre energia idroelettrica con le acque insanguinate del torrente Vajont, là dove solo la memoria – non la speculazione – dovrebbe sopravvivere; esagero, ma voglio veicolare concetti che paiono incomprensibili a molti: sarebbe come riaccendere un forno di Auschwitz per cucinarci le costicine! Non sarebbe certo crimine contro l’umanità, ma Oltraggio!, un oltraggio alle più sacre memorie delle azioni più turpi che si sono compiute in quanto uomini, un oltraggio che non ci possiamo permettere!!!

Il Vajont è stato una shoah tutta veneta, tutta italiana, un modello di tragedia che risuona in altre aree del globo, da quando la civiltà contadina dell’Italia di allora è diventata oggi la civiltà dei Paesi poveri, schiacciata da un capitalismo infame supportato dalla complicità di una classe intellettuale che – almeno qui in Italia – è inetta e silente!! Come gli uomini della Sade, come il Governo (e quest’ultimo ieri come oggi)!

E allora, noi, che teniamo – io spero – più agli uomini, quelli che puzzano di pelle e sudore, quelli che sfiatano come animali e che hanno un cuore che pulsa e degli occhi che sanno versare lagrime, se messi di fronte a queste tragedie – io spero che noi, che al PIL teniamo un po’ meno che ai nostri genitori, ai morosi, agli amici (io lo spero), ci incazziamo quando i quotidiani (anche piccoli, anche solo presunti) disastri del Vajont si ripropongono davanti a noi, che li contrastiamo, che li strozziamo sul nascere! Che li denunciamo!

Dobbiamo essere migliori di chi dice “disgrazia”, di chi dice “non ci sono colpevoli” od “oramai è successo, che rompi le balle a fare, c’è solo il dolore”: NO, cazzo, DOBBIAMO ESSERE TINE MERLIN, NON BASTARDI OMICIDI!!

E se c’è un lato positivissimo della celeberrima “crisi” – che ormai a forza di nominarla sta facendoci nevrotici tutti – è che sempre più abbiamo il tempo e la possibilità per essere delle Tine Merlin, e non complici…

Pensiamoci… E, se volete, cliccate sul seguente link per aprire il pdf contente i versi di Perèrto, il mio roccioso testo in due parti – oggi qui pubblicato in memoria di un passato e in lode di un presente, lì, ad Erto:

Paolo Steffan, “Perèrto” (poesia)

Paolo Steffan, 9 ottobre 2011



http://steffanpaulus.wordpress.com/2011/10/08/per-non-dimenticare-48%C2%B0-anniversario-del-disastro-del-vajont/#comment-284

sabato 8 ottobre 2011

autostrada amazzonica BOCCIATA!!! ma restiamo vigili lo stesso...

http://blog.chatta.it/morena_mia/post/in-bolivia-vincono-gli-indigeni-niente-autostrada-amazzonica.aspx

lunedì 3 ottobre 2011

Autostrada transamazzonica, in Bolivia. AGGIORNAMENTI

Mondo | di Lettera22 per il Fatto

Bolivia, si dimettono due ministri

Morales è sempre più isolato

Al centro delle polemiche il progetto di autostrada Cochabamba-San Ignacio de Moxos che collegherà il Paese con il Brasile. Il presidente è sulla graticola per l'intervento della polizia che ha fermato in maniera violenta la marcia di protesta delle comunità indigene amazzoniche

Il governo del presidente boliviano Evo Morales ha perso due pezzi importanti. Lunedì sera si era dimessa la ministra della difesa Cecilia Chacon, che con una lettera aperta ai giornali boliviani aveva criticato la scelta del governo di far intervenire la polizia antisommossa per fermare la marcia di protesta delle comunità indigene amazzoniche contro il progetto di autostrada Cochabamba-San Ignacio de Moxos. Oggi è stato il ministro dell’interno Sacha Llorenti a lasciare l’esecutivo. Llorenti è stato al centro delle polemiche seguite al duro intervento della polizia contro i manifestanti, partiti a metà agosto dalla città di Trinidad, nella provincia orientale del Beni e diretti nella capitale La Paz. Domenica scorsa 500 agenti hanno attaccato l’accampamento provvisorio messo in piedi da alcune centinaia di manifestanti nei pressi della cittadina di Yacumo, 250 chilometri a nord est di La Paz. Negli scontri, alcune centinaia di manifestanti sono stati arrestati e un bambino di quattro anni è morto per intossicazione da lacrimogeni. Llorenti ha annunciato le proprie dimissioni ma ha difeso Morales, negando che l’ordine di intervenire contro i manifestanti fosse partito da lui.

La protesta contro il progetto di autostrada (finanziata dal Brasile e costruita da una ditta brasiliana) era iniziata a metà agosto, quando 16 comunità del Territorio indigeno parco naturale Isiboro Sécure (Tipnis, dove vivono circa 50 mila persone) minacciate dal tragitto della nuova autostrada hanno lanciato una marcia di 500 chilometri da Trinidad a La Paz.

L’intervento della polizia ha scatenato proteste contro il governo in molte zone del Paese, compresa La Paz, dove migliaia di persone hanno manifestato davanti al palazzo presidenziale, nel cuore del centro storico coloniale della città, circondato da centinaia di agenti pronti a intervenire. Morales, che appoggia il progetto fin dall’inizio, è stato costretto prima ad annunciare un referendum nei dipartimenti di Cochabamba e Beni, poi ha prendere le distanze dall’operato della polizia, giudicato “eccessivo”, quindi ad annunciare una commissione di inchiesta indipendente per accertare i fatti e le responsabilità e infine a ordinare lo stop ai lavori per l’autostrada, già avviati in alcuni tratti del percorso.

L’autostrada Cochabamba-San Ignacio de Moxos è parte del ramo boliviano di un colossale progetto di collegamento terrestre lanciato dal governo brasiliano per connettere Manaus, “capitale” dell’Amazzonia brasiliana, con i porti ecuadoriani e peruviani sul Pacifico, in vista di un aumento degli scambi commerciali tra l’America del sud e l’Asia orientale. Morales ha appoggiato il progetto fin dall’inizio, senza tenere conto della reazione dei popoli indigeni amazzonici boliviani che gli contestano di favorire gli indigeni dell’altopiano, quechua e aymara, da cui il Movimento al socialismo (Mas), il partito del presidente, trae la sua principale base elettorale. Inoltre, movimenti sociali boliviani, come quelli attivi a Cochabamba (la città dove nel 2000 le proteste popolari costrinsero la dittatura di Hugo Banzer a bloccare la privatizzazione dell’acqua), accusano il governo di aver tradito l’impegno di protezione delle risorse naturali boliviane e di salvaguardia dei diritti della Pachamama (Madre terra) inseriti nella nuova costituzione del 2009.

Le cose, come spesso accade in Bolivia, sono molto complesse. Anche all’interno del Mas ci sono voci contrarie al progetto e non solo per ragioni di tutela ambientale. il ministro Chacon si è dimessa ieri con una lettera aperta pubblicata dai giornali boliviani in cui accusa il presidente di aver usato metodi che contrastano con l’ispirazione politica del Mas e con il mandato ricevuto dagli elettori, che nel 2009 hanno rieletto Morales con oltre il 64 per cento dei voti: “Non è questo il modo – ha scritto la ministra Chacon – Siamo sempre stati d’accordo sul fatto che avremmo fatto le cose in modo diverso”. È questa la ferita principale per l’immagine di Morales, primo presidente indigeno della storia latinoamericana: essersi comportato (quasi) come i suoi predecessori.

di Joseph Zarlingo

autostrada Transamazzonica. NOVITA'

ecco gli ultimi aggiornamenti sulla lotta degli indigeni boliviani per fermare la "loro" autostrada....

http://www.avaaz.org/it/bolivia_stop_the_crackdown/?cl=1294653674&v=10474